Geotagging, smartphones e privacy
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Geotagging, smartphones e privacy
Negli ultimi anni, con il progresso tecnologico che avanza a spron battuto, si fa sempre un gran parlare della tutela della privacy e del suo ruolo centrale nella nostra società.
Ma è davvero così? Il ruolo della privacy è davvero così fondamentale nella nostra quotidianità? La tecnologia è entrata in ogni angolo delle nostre vite, anche nei più nascosti e richiede continuamente la possibilità di raccogliere, elaborare e trasmettere quantità gigantesche di dati.
A differenza di quello che si pensa il concetto di privacy è estremamente elastico. Per molti organi istituzionali e anche d’informazione è difficile ammettere questa verità evidente, ma se si vuole ragionare seriamente sull’uso degli smartphones e sul concetto di privacy, bisognerà iniziare ammettendo che i confini tra pubblico e privato sono piuttosto sfumati.
Il gioco della comodità in alternativa alla privacy, come fossero due bracci di una bilancia, ha portato a risultato straordinari, probabilmente al di là delle più rosee aspettative che avevano le grandi aziende che investono nel settore.
Si pensi che alcuni esperti hanno definito il rapporto tra geotagging e privacy come un vero e proprio paradosso. La funzionalità di geotagging è, se guardata con occhio scevro da pregiudizi, praticamente incompatibile con il concetto stesso di privacy.
Gli utenti, con i loro device, se informati a proposito delle criticità del geotagging entrano in una condizione che li porta ad incarnare una specie di cortocircuito continuo con due piedi, due gambe ed una testa.
Infatti essi sembrano essere fortemente determinati nel tutelare i propri dati sensibili, ma d’altro canto, continuano ad inviare e condividere le proprie informazioni private.
Vi è poi la tendenza sempre più dilagante, da parte degli utenti, di non voler mai approfondire troppo le materie che sembrano complesse e allinearsi rapidamente con la maggioranza, dando per scontato che se ci sono delle criticità sono inevitabili.
Viene da domandarsi il perché la società continui a rischiare la propria privacy, aprendo porte sul proprio privato, avendo poi questa specie di pudore di riferirsi continuamente alla tutela dei dati.
Che cosa è la geolocalizzazione?
Al fine di rendere esaustivo il discorso crediamo sia d’obbligo chiarire prima di tutto alcuni concetti cardine che permetteranno di ampliare il tema e di conseguenza di permetterci di andare in profondità.
Con il termine “geolocalizzazione” si intende l’utilizzo di strumenti capaci di rilevare la posizione geografica di un oggetto o soggetto, in tempo reale e con una precisione considerevole.
In lingua anglosassone si parla di RTLS, Real Time Location System, ovvero “Sistema di Localizzazione in Tempo Reale”. In estrema sintesi la geolocalizzazione, permette di tenere sotto il proprio controllo l’ubicazione precisa e gli spostamenti di persone, animali e merci.
L’idea di fondo è semplicemente straordinaria poiché, ad esempio, permette di tracciare il proprio pacco ordinato online o la precisa ubicazione di una persona scomparsa che ha avuto un malore.
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Senza parlare della possibilità di essere guidati ed indirizzati con precisione ad una determinata destinazione, quando si viaggia con i propri mezzi di trasporto in zone che non sono di nostra abituale frequentazione.
Per le aziende in particolare, le informazioni che possono essere acquisite tramite questo tipo di sistema, si rivelano semplicemente fondamentali e strategiche soprattutto per l’organizzazione logistica.
Ovviamente, come abbiamo anticipato, il progresso tecnologico ci pone sempre di fronte da una scelta, o meglio, ad uno scambio: ci viene offerta una comodità, un’utilità, uno strumento ed in cambio viene chiesta una fetta della nostra privacy.
Infatti è facile immaginare che se si applica il sistema di geolocalizzazione alle persone e non alle merci, bisogna porsi la domanda se vi siano dei limiti che devono essere imposti per legge.
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Che cosa è il geotagging
Il geotagging è una forma di geolocalizzazione che viene eseguita tramite l’abbinamento di alcuni contenuti e dati ad un’etichetta informatica dotata di dati geografici. Potrebbe sembrare complessa, espressa in questa formula, ma in realtà il concetto è molto semplice.
Un esempio classico di geotagging è quando stiamo utilizzando un social media qualunque, ci registriamo da un determinato luogo e condividiamo l’informazione con i nostri follower.
Nella nostra intenzione magari c’era la volontà di segnalare l’attività che stavamo svolgendo, oppure per rendere più “sensazionale” la nostra esperienza indicando con precisione il luogo in cui ci troviamo.
Ad esempio: si può condividere una foto scattata in spiaggia, o un contenuto qualunque creato in un ristorante, con il fine di far sapere a tutti che state mangiando proprio in quel raffinato ristorante o state prendendo il sole in quella località balneare così esclusiva.
In questo caso si tratta di un geotag che parte da un’azione cosciente dell’utente che si è “taggato” volontariamente in quel determinato luogo. Ma vi sono geotag che si generano in automatico in base a funzioni preimpostate dal produttore sul vostro dispositivo e vi sono anche delle app che utilizzano il geotag per il loro funzionamento.
Che sia un’app a generare il geotag, che sia un automatismo del nostro dispositivo o che sia stata una nostra pubblicazione su un social, gli utenti sembrano non rendersi affatto conto che la condivisione della nostra precisa posizione potrebbe generare un rischio piuttosto importante per la nostra privacy.
Senza dubbio uno dei rischi più forti e che, purtroppo, hanno casistiche importanti, sono legati al cyberstalking e al furto di identità. Far conoscere la propria posizione avvantaggia terribilmente i malintenzionati.
Tutto questo evidenzia una volta di più che gli utenti non hanno alcun controllo sulla diffusione dei propri dati personali e, nella stragrande maggioranza dei casi, non sono nemmeno informati sui motivi per cui i loro dati vengono utilizzati o condivisi con altri.
Dicono di noi:
Per assurdo, il fatto di non comprendere a che pro potrebbero essere utilizzati i propri dati, invece di far sorgere domande e perplessità a riguardo, spinge gli utenti a cederli in un atto di fiducia estrema.
A rigor di logica, qualora si voglia utilizzare il geotag nei nostri social o nelle app che si preferiscono, sarebbe opportuno andare a verificare con attenzione gli utilizzi che si faranno dei nostri dati sensibili.
Ma non è così. La fretta è cattiva consigliera e gli utenti vogliono utilizzare le app e i propri social immediatamente. Per questo prende sempre più piede quella tendenza, di cui abbiamo già accennato, che spinge a seguire le maggioranze, evitando di approfondire tematiche che richiederebbero del tempo.
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Clicca quiEsiste una soluzione percorribile?
Evitando di entrare troppo nello specifico, quello che molti utenti si chiedono è proprio se esiste una soluzione che metta al sicuro le nostre informazioni sensibili e al contempo ci garantisca l’utilizzo degli splendidi strumenti messi a disposizione dall’evoluzione tecnologica. Piccolo spoiler: la soluzione c’è e la vedremo poco più avanti.
Quello che è certo è che non è possibile pensare di eliminare del tutto il geotagging al giorno d’oggi. Certo la nostra privacy ne trarrebbe immediatamente un grande giovamento, ma sarebbe un’azione un po’ fuori dal tempo.
La famosa “internet of things” è oramai una realtà conclamata: la rete è entrata nella realtà fisica, tra gli oggetti, nei luoghi. Questo fatto non può essere accantonato.
La vera soluzione per far convivere le nuove tecnologie e la tutela delle nostre informazioni sensibili è quella di andare ad aumentare la nostra consapevolezza. Informandosi e approfondendo il funzionamento dei processi di geotagging e delle informative sulla privacy è possibile fare un uso più consapevole delle conseguenze di ogni nostro atto sulla privacy.